Giornata della Memoria
Che il
rispetto non ammicchi a una moda
di Gabriella Vitali D'Andrea
Qualcosa si muove, almeno così voglio crederlo, da inguaribile ottimista quale
sono e quale è necessario sia chiunque lotta per degli ideali. Perché non
potresti vivere, mettendo in gioco tutta te stessa e ricominciando a combattere
ogni mattina, dopo l’ennesima sconfitta, dopo l’ennesima frustrazione, se dentro
il tuo cuore non ardesse un ottimismo che è quel fuoco potente, che nessuno
estinguerà mai e che ti aiuta a vedere oltre, più in là, molto più avanti, ad
individuare i traguardi pur in mezzo alle nebbie più fitte. Ma l’ottimismo,
attenzione, non va mai scambiato con l’ingenua rassegnazione e con la maldestra
attitudine a lasciarsi ingannare e a vedere positivo, ciò che, in realtà,
positivo non è. Qualcosa si muove, dicevo, ed una sorta di maggiore attenzione
sembra si stia davvero risvegliando attorno ai valori etici e al rispetto di
chi, questi valori, si è battuto per farli rispettare, anche con l’estremo
sacrificio della vita. In Lombardia il giorno della Memoria per i Caduti della
Forze dell’Ordine è oggi una legge regionale, altrove qualcuno sta facendo
altrettanto. Presto, forse, la stessa cosa varrà anche a livello nazionale. Ci
sono tutti i presupposti. Qua e là, amministrazioni comunali o provinciali
dedicano un monumento, o una targa, o una via, a qualcuno degli Eroi, caduti per
noi, per la nostra democrazia e per la nostra libertà, difendendoli,
difendendoci, da qualsiasi nemico, sia esso la delinquenza ordinaria, sia quella
politica. Ci sono tutti i presupposti, dicevo, anche perché – purtroppo –
per l’ennesima volta, è stato necessario che l’arrogante delinquenza rialzasse
la cresta, prima che tornassero a spaventarsi quei “signori” che già avevano
scambiato la quiete apparente degli scorsi anni con lo scampato –
definitivamente scampato – pericolo. E così il riapparire di fenomeni vergognosi
come le sedicenti brigate rosse, o nuova posizione, ha richiamato bruscamente
alla realtà quanti starnazzavano di una pace sociale e civile ormai consolidata
e in nome di questa illusione, o aperta menzogna, esortavano ad un buonismo e ad
un perdonismo a dir poco scandalosi, a dimenticare il passato e a “riabilitare”
anche la feccia peggiore. Ignari – o forse ben consapevoli, ma ipocritamente
mendaci – che minare alla base la forze del diritto e la certezze della pena,
vuol dire sgretolare la nostra civiltà occidentale e la nostra convivenza
democratica. L’aver percepito che l’idra furiosa è tutt’altro che debellata, può
forse avere in qualche modo contribuito, di riflesso, a riporre maggiore
attenzione ai valori positivi che potrebbero tornare ad essere minacciati e a
rendere il giusto onore a chi sta lottando, o ha lottato, in loro difesa. Per
questo vediamo davvero di buon grado, come dicevo poche righe sopra, segnali
rassicuranti da parte di amministrazioni comunali o provinciali che dedicano
vie, targhe, monumenti agli Eroi, che si sono sacrificati per noi e per la
nostra democrazia. Ma una preoccupazione – o se preferite una perplessità – si
insinua in noi, come un tarlo che potrebbe sgretolare anche il più
compatto degli edifici: la sincera riconoscenza, la vera gratitudine di un
Popolo e di uno Stato verso i mille Eroi che hanno versato il proprio sangue, si
dovrebbe esprimere allo stesso modo, indistintamente, nei confronti di tutti:
tutti i Caduti debbono essere uguali, senza distinguere
ordine, grado, provenienza. Privilegiarne – ci si passi il brutto termine, che
comunque possiamo rimpiazzare con ‘celebrarne’ – alcuni e non altri potrebbe
essere segno non solo e non tanto di una mancanza di riguardo e di una scarsa
sensibilità umana e civile, ma piuttosto di una scarsa compartecipazione nella
reale entità dei problemi che coinvolgono il nostro Paese e